Ven 16.30-18.30 - Sab e festivi 10.00-12.00 / 15.30-18.30

Papaveri & Upupe

Papaveri & Upupe/Reve +
2016, Via Cenacchio - Cotignola

Nel luglio 2016, Reve Più – con cui avevamo già collaborato nel 2014 per alcuni muri dipinti a Conselice RA, all’interno del progetto Selvatico (insieme a Collettivo FX, James Kalinda, Dissenso Cognitivo, Julieta XLF e altri) – è stato invitato a realizzare un nuovo disegno in occasione del festival L’Arena delle Balle di Paglia, festival di campagna che ogni estate si svolge in una golena naturale a ridosso dell’argine del Senio, dove il fiume incrocia il suo tratto con quello del canale emiliano-romagnolo.

La vecchia casa e i muri un po’ sbrecciati che accolgono il dipinto di Reve si trovano lungo la via Cenacchio nel punto in cui a luglio, durante il festival, si entra, dopo aver lasciato l’auto nel parcheggio del campo sportivo, e si taglia per i campi e i filari per raggiungere a piedi l’Arena, festa di arte, musica, teatro, paglia, persone e paesaggio.

E proprio al paesaggio di campagna si ispira il muro dipinto, e a lui torna in qualche modo, abitato bucolicamente com’è da upupe, passerotti e papaveri, svolazzanti foglioline e altre presenze familiari a questi piatti e laboriosi panorami; disegno tutto vivacissimo e coloratissimo, abbozzato per tracce e porzioni quasi come un dipinto non finito: a rimarcare questo effetto vibrante e dinamico gli innesti di segni, i quasi scarabocchi sbarazzini che da qualche tempo Reve inserisce dentro ai suoi dipinti riprendendo e ingigantendo arzigogoli e altre passeggiate del segno e della mente realizzate da sua figlia piccola con pennarelli, pastelli e gessetti su fogli sparsi.

L’effetto ottenuto da questo incontro, e dialogo intimo e amorevole, è quello di linee e gesti un po’ primitivi e misteriosi che s’intrecciano e affiancano a immagini ben definite e riconoscibili, infondendo al dipinto un imprevisto movimento vorticante. Un vento che entra, un turbine che scuote la superficie scompigliandola e mettendola un po’ in disordine.

Dallo scarabocchio allora sembra emergere la figura, ma potrebbe anche essere il contrario, ovvero che sia la figura stessa a smontarsi e disfarsi slegando e liberando i segni e i segmenti di pennellate per farli tornare magicamente linee libere e aeree, tratti potenziali e aperti con cui costruire altre future immagini, diverse e innumerevoli; tratti e segni come lettere di un alfabeto che si possono ricombinare a piacere facendo emergere, all’apparenza casualmente, ulteriori diorami, mondi e universi

Dal museo al paesaggio

Un racconto per immagini delle storie di Cotignola

Prospettive

Territori d’arte

Arte in comune

Il Municipio come Museo

Itinerari

Percorsi ramificati e punti d’interesse

Per gli artisti del Collettivo FX non è la prima volta a Cotignola: nel 2014 hanno trasformato una vecchia cabina Enel in un Distributore non automatico di coraggio , raffigurando i volti dei quattro Giusti cotignolesi, Luigi e Anna Varoli, Vittorio e Serafina Zanzi, dei sette Martiri del Senio, fucilati dai nazisti nell’ottobre del ’44, del partigiano Leno Casadio e del prete Don Stefano Casadio, che liberarono Cotignola con l’operazione “bandiera bianca”, e del giovane partigiano Esiodo Rava. Nel 2015 invece, con il progetto Dietro ogni matto c’è un villaggio , hanno percorso quasi l’Italia intera raccontando e facendosi raccontare storie e conoscendo paesi.
A Cotignola hanno rappresentato i personaggi più folkloristici del paese immortalati dall’artista Luigi Varoli nelle sue straordinarie maschere di cartapesta.
Dalle parole del Collettivo FX che spiega questo suo nuovo progetto a tappe che ha attraversato l’Italia facendo della street art uno strumento culturale e sociale, inclusivo e riqualificante, di incontro e ascolto dei luoghi e delle persone che questa geografia e provincia abitano:
La scelta della Beata Vergine è data dal particolare legame che questa figura religiosa ha con il territorio: difatti episodi reali o mitologici ne hanno trasformato il nome e creato un rapporto fortissimo con il popolo.  La Madonna in molti casi rappresenta la Fede ma prima ancora il popolo stesso. Della Tosse, della Confusione, dell’Umiltà, delle Galline, della Sanità, della Scarpetta, sono alcuni esempi di come le comunità hanno moltiplicato e modificato la Beata Vergine associandola ad episodi di vita, avvenimenti reali e leggendari del passato, che rendono la Madonna una “conseguenza” della comunità e non solo della religiosità.

L’obiettivo di questo progetto non è solo celebrare la Madonna (ad occuparsi di questo ci sono Luoghi ed Enti ben più importanti di noi) ma ragionare non solo sul passato ma anche sul presente rispondendo ad una semplice domanda: “Da cosa ci deve proteggere oggi la Vostra Madonna?”. Il risultato sarà, come da tradizione, un dipinto murario, che rappresenterà, come da tradizione, la comunità, ma, a differenza della tradizione, non celebrerà il passato ma rifletterà sul presente.

“La Madonna già pronta” è il soprannome dato al murale realizzato dal Collettivo: l’opera è nata da un incontro tra gli artisti del gruppo reggiano, una rappresentanza della comunità budriese e i ragazzi richiedenti asilo accolti nella frazione.“

La Madonna già pronta” perché a ispirare il murale è stata una stampa del 1858 pubblicata nel libro Budrio di Cotignola. Una comunità fra storia e cronaca di Stefano Staffa.

L’immagine della Beata Vergine del buon consiglio è stata arricchita grazie ai racconti dei ragazzi migranti, che alla domanda “Da dove venite?” hanno raccontato e disegnato il lungo viaggio percorso prima di arrivare a Cotignola. La pittura del murale è stata realizzata a più mani e ha visto la partecipazione attiva dei migranti.

La casa Studio

Nuova Casa Varoli. Cimeli, mirabilia, strumenti musicali e una piccola biblioteca

I Giusti

La sezione dedicata ai Giusti fra le Nazioni cotignolesi

Cotignola 44-45

“Blasted off the map”. Cotignola prima, durante e dopo il secondo conflitto mondiale

Varoli contemporaneo

Una sezione diffusa dedicata alle opere di arte contemporanea acquisite, donate e commissionate in dialogo con Luigi Varoli

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