Massa Lombarda / Chiesa del Carmine
23 gennaio – 15 febbraio 2015

[fotografia] A cura di Michele Buda e Daniele Casadio

Arianna Arcara, Michele Buda, Daniele Casadio, Marcello Galvani, Alex Majoli, Gabriele Micalizzi, Barber Reinhard, Andy Rocchelli, Alessandro Sala, Luca Santese, Marco Signorini, Marco Vincenzi, Marco Zanella

A cura di Massimiliano Fabbri

David Loom, Carloni-Franceschetti, Mauro Santini, Fabrizio Zanuccoli, Claudia Castellucci e Filippo Tappi

Galleria

Se Selvatico.Tre/Una testa che guarda rappresenta una ricognizione sul volto come ferita e ossessione, e bellezza anche, e tutto quello che guardare una faccia può comportare, il vedere ma anche l’essere visti, un progetto che si volge al ritratto come pratica ancora potente per un discorso ininterrotto sulla condizione umana, non poteva non confrontarsi con quello che avviene nella ricerca fotografica contemporanea.

Forse, l’unica situazione in cui l’essere visti nell’atto del vedere è schermato impedito rimandato, è quella della fotografia, del dispositivo tecnologico: il fotografo si nasconde e sparisce dietro la lente, o occhio meccanico o digitale che sia. Ma se le guerre contemporanee hanno imparato bene a utilizzare questo sguardo che fruga e stana da una distanza ormai imprendibile e astratta, negli scatti in mostra il fotografo è ancora, se così si può dire, dentro alla scena, calato nel campo di battaglia, in un rapporto o relazione con il soggetto più o meno empatico, alla ricerca, sempre, di una giusta distanza.

Come Perseo che, per poter guardare Medusa senza essere pietrificato dal suo sguardo, ha bisogno di uno stratagemma, di uno strumento o arma che appunto gli permette di vedere; e lo trova nello scudo di Atena, specchio levigato e lucente, arma o protesi dell’occhio che gli permette la visione indiretta e di poter così tagliare la testa del mostro, e tornare infine con il trofeo infilato nel sacco.
Ecco, quest’immagine metaforica del rapimento del volto e testa (forse la stessa anima che per alcuni poteva essere trattenuta nella notte della scatola e lastra e fotografia) si estende abbastanza facilmente all’atto di fotografare e, in particolare, a quello di fotografare un volto.

Selvatico è un progetto collettivo e, anche per questo, i curatori e fotografi Michele Buda e Daniele Casadio hanno pensato a una forma di allestimento che metta al centro quest’idea aperta e incompiuta di laboratorio, idea che si condensa e concretizza in un grande tavolo allestito al centro della sala, come una sorta di quadreria orizzontale o, meglio ancora, piano di lavoro dove si stratificano e accumulano, come in un diario esploso o atlante o mappa, immagini, appunti e molteplici rimandi interni,  e collegamenti tra modi di vedere e mondi.