Comune di Cotignola  
Museo Civico Luigi Varoli

20 maggio – 12 giugno
Inaugurazione
Venerdì 20 maggio 2022 ore 17.30
Palazzo Sforza , Corso Sforza, 21 – Cotignola (Ra)


Giornate e orari di apertura
venerdì 16.30-18.30
sabato, domenica e festivi 10.00-12.00 e 15.30-18.30
aperto anche il 2 giugno
Ingresso gratuito 

Dal lunedì al venerdì, dalle 9 alle 12 possibilità di aperture su prenotazione 
per le classi con visite guidate e laboratori di disegno al museo

Per informazioni: 0545 908 879 / 908810 / 320 43 64 316 
museovaroli@comune.cotignola.ra.it


Un progetto della Scuola Arti e Mestieri 
fatto da Pamela Casadio e Alice Iaquinta. 
In mostra 1372 disegni e un video di Arianna Zama

Nel corso dell’anno scolastico 2021-22 la Scuola Arti e Mestieri di Cotignola ha incontrato le bambine e i bambini, con le loro insegnanti, nelle rispettive aule. 
Con le restrizioni imposte dalla pandemia e dallo stato di emergenza, non si potevano accogliere le classi all’interno dell’atelier come era sempre avvenuto, e così si è cercato, nel possibile, di sfruttare questi limiti facendoli diventare ancora una volta un’opportunità, immaginando e proponendo alle scuole un percorso e un ciclo di laboratori interamente dedicato al disegno. Per l’esattezza al disegno dal vero, strumento di esplorazione e scoperta: di sé, del proprio banco, dell’ambiente che ogni giorno i bambini abitano.
Disegno come avventura e palestra dello sguardo. Disegno come arma per vedere meglio.
Così, 218 bambine e bambini della Primaria di Cotignola e 87 della Primaria di Barbiano, nel corso di cinque incontri e lezioni per ciascuna classe, che si sono svolti tra ottobre 2021 e febbraio 2022, sono partiti dal proprio autoritratto, disegnato guardandosi attraverso uno specchio.
Un autoritratto “mascherato” ovviamente, che diventava anche una specie di soglia o apertura, un primo passo o sassolino, l’inizio di un piccolo viaggio alla ricerca di una maggiore consapevolezza e presa di coscienza dell’atto del guardare e del guardarsi. 
E, sempre seduti ai rispettivi banchi, dai quali quasi non ci si poteva muovere, l’esplorazione si è estesa poi, spostando e allargando lo sguardo, ad altre parti del proprio corpo, a quei pezzi di noi che potevamo vedere: le nostre mani e le dita, i polsi e parte delle braccia, i piedi e le scarpe, un po’ di gambe.
Una geografia del corpo fatta inevitabilmente di pezzi e dettagli e frammenti, che interi non ci si può mai vedere se non in uno specchio o in fotografia, o attraverso lo sguardo dell’altro (che ci è quindi necessario per esistere!). 
Partire da questa impossibilità ed entrarci dentro, indagarla, disegnare ogni particolare possibile: i nei, i peli e le vene, i segni e la mappa della pelle. Un disegnare lento durante il quale abbiamo anche usato le lenti d’ingrandimento per espandere questo paesaggio familiare e sconosciuto al tempo stesso.
Dal corpo siamo passati poi agli oggetti personali, altro luogo dell’identità in qualche modo: zaini e astucci, anche qui con visioni ravvicinate; gli astucci aperti che contengono e riversano materiale scolastico. L’ordine e il disordine. I colori. Il ritmo, i vuoti e i pieni. Molto racconta di noi.
Kit di sopravvivenza. Micromondi assai completi.
Sono questi, disegni molto intimi, che raccontano e descrivono con precisione non solo i gusti estetici dei bambini, ma anche il loro modo di essere e anche come vorrebbero essere visti. I loro sogni, la loro casa e famiglia, le loro emozioni e sentimenti. Oggetti come ponti. Oggetti come paesaggi. Oggetti come estensioni di noi. 
Sono autoritratti abbastanza inaspettati. Mondi che si spalancano improvvisamente, incredibili, sempre potenti e commoventi. Sguardi che sono contemporaneamente rivolti fuori e dentro di noi.
Le regole fornite per questa esplorazione quasi esotica di sé e del proprio banco e dintorni, sono state poche ma certe: rigorosamente vietata la gomma, per fare i conti con i propri sbagli e accettarli, per trasformare l’errore in qualcosa di bello, nuovo e vitale; il foglio di carta è quello, è prezioso, è una memoria concreta e visibile del percorso che si sta facendo, una mappa del nostro viaggio, non si straccia e non si cambia se non vogliamo perdere irrimediabilmente quello che abbiamo incontrato e sperimentato, attraversato e superato. Ogni segno ci fa avanzare, anche quello storto o che inciampa: ripartire da quello, dalla caduta se c’è, accettarla, e osservare ancora. Rifare. Aggiustare. Trasformare. 
Studiare con gli occhi per capire meglio com’è fatta una cosa. Il tratto leggero che si può sempre correggere e modificare. Disegnare lentamente fino a perdersi nei particolari. Disegno mantra. Gli occhi come una macchina fotografica che tutto riprende e trattiene. Disegnare come un detective.
Disegnare dal vero è un’esperienza anche molto difficile, perché appassionarsi a questa pratica non è immediato, richiede concentrazione massima ed estrema, e disponibilità; ci si deve fermare, interrompere il mondo (per tornare a vederlo), che significa soprattutto misurarsi con se stessi; guardare tanto e approfonditamente, perdersi e ritrovarsi, per riuscire poi ad abbandonarsi finalmente all’atto meraviglioso e magico del disegnare. E provare anche soddisfazione magari, divertirsi, e stupirsi di quel che emerge sul foglio e che sul foglio resta alla fine intrappolato.
Disegnare è scrivere una storia. Raccontare ancora.
Sfidare se stessi a fare sempre meglio. Il disegno come disciplina, il disegno come pratica di emancipazione e scoperta del mondo. Nel disegno cresciamo.
Così, forse, il compito di noi educatori è cercare di mantenere viva questa fiamma, custodirla e proteggerla. Fare in modo che possa alimentarsi e accadere. Disegnare è qualcosa di molto antico e primitivo, qualcosa che supera la definizione di arte, o del sapere fare bene, qualcosa che viene prima del linguaggio probabilmente. Qualcosa che ha a che fare con le nostre origini. E con il futuro anche.
Il disegno è per tutti e di tutti, e va costantemente allenato perché è pratica che passando dal cuore congiunge occhio e mano: il fare, il guardare e il sentire. Tutti e tre insieme.
È semplice e povero, i suoi mezzi e strumenti poco costosi e ingombranti eppure capaci di generare mondi. Il disegno immagina e fantastica, sempre, anche quando sembra che si limiti a copiare. Ma copiare e basta è impossibile e noi ci siamo dentro sempre.
Il disegno racconta del mondo e al tempo stesso di chi l’ha fatto.
Lo si può fare ovunque e la consapevolezza di un saper fare diverso è la cosa più importante e preziosa; un poter e saper fare che è diverso per ciascuno di noi e non omologato, perché parla di noi e di come vediamo e percepiamo il mondo. E allora il disegno potrà vincere infine sulla timidezza, che è paura imposta di non essere all’altezza: io non so fare… Disegnare è una sfida e ogni volta che prendiamo una matita in mano ci mettiamo in ascolto, o in cammino. Ci liberiamo e siamo coraggiosi, andiamo incontro al mondo. Evviva.

Massimiliano Alice e Pamela
Scuola Arti e Mestieri