Mina Hamada e Zosen Bandido | Parco Bacchettoni, Cotignola, 2017
Su di un grande muro di fronte alla scuola Arti e Mestieri che triangola e si collega da una parte alla casa
del ceramista e pittore Arialdo Magnani e dall’altra a Casa Varoli, sullo sfondo del parco Bacchettoni che
congiunge tutti questi luoghi in un vero e proprio giardino del museo, oasi in città, i due artisti con base a
Barcellona, Zosen e Mina Hamada, hanno reso omaggio alla secolare festa della Segavecchia, la sagra più
antica di Cotignola, legata alla nascita e dominio della potente famiglia Sforza su Cotignola, dipingendo
nella primavera del 2017 una loro gioiosa interpretazione e rilettura di questa secolare tradizione locale.
La festa, che si ripete ogni anno a metà quaresima, è una sorta di carnevale ritardato che vede il suo
momento culminante nella rivisitazione del processo alla povera strega sulla pubblica piazza, malcapitata
strega vecchietta colpevole forse di aver maledetto Francesco Sforza, signore di Cotignola, colta in
fragrante mentre infliggeva spilli su di un pupazzetto che rappresentava lo Sforza stesso. Un malocchio
quindi, o buia e oscura sventura medievale scagliata contro il potente. La donna è immediatamente
condannata con tanto di sentenza inappellabile a essere decapitata e messa al rogo.
Da allora viene costruito un grande pupazzo di cartapesta raffigurante la malefica sventurata, fantoccio
che dopo aver sfilato per le vie del paese viene decollato in piazza. Dal suo collo cadono a terra arance,
mandarini e frutta candita che formavano una collana che le ornava il collo e le spalle, chiaro riferimento
a riti ancora più antichi e ancestrali di fine dell’inverno e inizio della rinascita e nuova stagione e fertilità.
Il corpo viene bruciato in un grande falò che viene acceso dal boia all’imbrunire.
Insieme alla Segavecchia sfilano in parata maschere e altre effimere creazioni in cartapesta; molte di
queste, da Varoli in avanti, sono costruite proprio alla Scuola Arti e Mestieri che dai suo laboratori
chiamati “La fabbrica della cartapesta” fa uscire ogni anno centinaia di maschere e burattini, veri e propri
altri abitanti del paese.
Alla Segavecchia quindi, e al mondo colorato, esplosivo e imprevedibile delle creazioni bambinesche
guardano i due artisti spagnoli per la creazione del loro muro che sta esattamente di fronte e, attraverso il
loro particolare e coloratissimo alfabeto pittorico fatto di piani sovrapposti e colori piatti, e uno spiccato
senso della decorazione spaziale, ricreano un vero e proprio mondo, potente e squillante come una musica
di banda in festa, un muro danzante e felice in cui perdersi svolazzando con lo sguardo alla ricerca di
segni, personaggi, quinte, porte spaziotemporali e colori e pennellate ipnotizzanti. Arcobaleni. Esplosioni
di fuochi d’artificio. Onde sonore. Tamburi. Jungla. Orchestre mariachi. Feste popolari.
Al centro, a far ruotare e gravitare intorno a lei mondi e universi ballerini (in cui sembra esser bandita
l’ombra per decreto del ministro alla felicità), con un velo blu, una simpatica vecchina con le guance rosa
e gli occhi ridenti. Dietro di lei una fiammella birichina e sbarazzina fa capolino.
E tutto intorno, davvero come un caleidoscopio di colori e comparse felliniane, personaggi liberati dallo
studio di Frida Khalo o fuoriusciti da un film di Miyazaki, ecco comparire in anarchica parata: una specie
di gendarme o guardia civil pseudonapoleonica con faccia di maiale (c’è chi dice che potrebbe esser Porco
Rosso, l’aviatore del film), e poi il grandissimo e bellissimo e barbuto e avventuroso Fabio Pignatta (una
specie di grande Lebowski di Cotignola veramente esistente), un drago sputafumofuoco ispirato al
disegno di un bambino, un teschio e un diavoletto, e fiori e gambi e foglie anche di mele cotogne, quinte,
teatrini, onde psicadeliche, pezzi di cielo, labirinti di luna park, giganti e testoni come nelle tradizioni
folcloristiche spagnole e dell’America latina e tante altre figure che ogni giorno, nuove, spuntano fuori da
sotto, da dietro al muro, di là, dove una serie infinita di soggetti aspetta pazientemente il suoi turno per
affacciarsi e partecipare alla festa.